Stamane la celere, obbedendo agli ordini ricevuti, ha provveduto allo sgombero dello stabile dell’ex Macello di via Cornaro, sede storica dell’associazione CLAC, cara ad ogni cittadino di Padova, e non solo, visto il prestigio internazionale ottenuto grazie alla quarantennale attività culturale.

Nel recente passato CLAC non solo ha abbracciato nuove associazioni dedite all’attività di volontariato nel campo della solidarietà sociale, ha anche saputo rinnovare il consiglio direttivo coinvolgendo giovani preparati capaci di accettare il confronto con le figure storiche dell’associazione per promuovere il progetto di rigenerazione urbana dell’intera area dell’ex Macello. Un bene comune da restituire alla collettività per soddisfare i bisogni di quel tessuto sociale degli abitanti di quartieri carenti di servizi alla persona, di luoghi di ritrovo e di spazi culturali. In questo percorso, presentato in bozza al Comune di Padova, si fondono due concetti e due pratiche. Il concetto di valore d’uso dello spazio (che prevale sul valore di scambio), ovvero la capacità di accogliere, mettere in moto funzioni utili alla collettività al di fuori della logica di mercato, diventando dei veri e propri servizi sociali, standard urbanistici, forme di redistribuzione della ricchezza ambientale e urbana: una pratica di contrasto all’appropriazione privata della rendita. E il concetto di partecipazione alle trasformazioni della città e del territorio: nuove pratiche di cittadinanza. Entrambi questi concetti e pratiche non sono esercitati dal pubblico nella sua attuale forma.

Un progetto ambizioso, a lungo discusso con i referenti dell’Amministrazione, con la consapevolezza delle numerose difficoltà tecniche-normative da affrontare a causa dell’evidente stato di degrado dell’area.

L’imbellettamento della città caro a un assessore e l’insufficiente praticità dell’altro non possono obbligare il sindaco a ricorrere ai salvifici «motivi di sicurezza» dell’edificio! Il fabbricato in oggetto non ha segni di cedimenti strutturali e non è pericolante (come ha diagnosticato il consulente strutturale della CLAC); ha solo bisogno di tanta manutenzione ordinaria, oggetto appunto della pianificazione in atto dell’associazione.

Lo sgombero è stato un gesto incauto quanto fulmineo, vista la conclamata non conoscenza dei fatti da parte di numerosi esponenti dell’amministrazione; a noi piace pensarlo come un eccesso di zelo e di preoccupazione tipico di un padre di famiglia responsabile. Ora che il batticuore è passato, come sempre accade, il sindaco prenda il controllo della situazione, non si attardi a confrontarsi con CLAC riconoscendo che è proprio qui in questi “ex-luoghi”, nella loro riscoperta e condivisione, che si gioca il futuro della nostra città.